La nascita della CGIL in Capitanata

Cenni storici

La nascita della CGIL in Capitanata
Nel 2002 la Camera del Lavoro di Foggia ha celebrato il suo centenario.Cento anni di lotte e conquiste per l’affermazione dei diritti dei lavoratori e per il progresso economico e sociale della nostra provincia. Una storia fatta di idee, valori, uomini e donne che per l’affermazione di quegli ideali hanno fatto grandi sacrifici, in alcuni casi fino all’estremo sacrificio della vita. Una storia scritta da grandi uomini, come Giuseppe Di Vittorio, Luigi Allegato, Carmine Cannelonga, Michele Magno, Ruggiero Grieco.

Ma senza la moltitudine dei lavoratori, persone umili i cui nomi non troverete sui libri, senza le loro esperienze di vita, quella storia, la nostra storia, non avrebbe senso. Una storia straordinaria, dura e al tempo stesso affascinante, nata più di cento anni fa, ispirata agli ideali del socialismo, di giustizia e uguaglianza sociale, ai valori di libertà.

Una storia costruita anno dopo anno, per l’affermazione della democrazia e per il rispetto della dignità dei lavoratori.

La rivolta del pane
È in uno dei momenti più complessi della storia d’Italia, durante l’età giolittiana, che il Mezzogiorno visse -come il resto del Paese- il nascere e lo straordinario sviluppo delle organizzazioni di massa e sindacali, che portarono pochi anni dopo alla costruzione del moderno sindacato italiano. Una nascita avvenuta in un contesto di grandi, tumultuosi e molto spesso contraddittori mutamenti economici, politici e sociali, in un periodo storico in cui le assai precarie condizioni di vita di larghi strati della popolazione, provocarono reazioni in tutto il Paese. Gli storici descrivono quegli accadimenti come “i moti della fame del 1898”. Si tratta di un punto di svolta vera, l’incontro tra le masse popolari e il sindacalismo da un lato e il socialismo dall’altro. Nella primavera di quell’anno l’Italia fu scossa da un susseguirsi di rivolte popolari contro il carovita e la fame.

Questa ondata di proteste, che investì in meno di quindici giorni ben ottantatré comuni, per la sua portata e ancor più per la spietatezza della repressione voluta dal governo, e per la conseguente crisi politica che ne derivò, rappresentò un momento cruciale nella storia dello Stato unitario. Le sommosse – definite da Napoleone Colaianni, nel suo libro “L’Italia del 1898. Tumulti e reazione”, “La protesta dello stomaco”, – furono un’esplosione di collera causata dalla fame e valsero a porre con forza la richiesta dell’abolizione doganale sul grano – da poco aumentata – e del dazio di consumo sulla farina.

Le sommosse iniziarono il 26 aprile a Faenza e a Finale Emilia, ma ebbero impulso l’indomani in Puglia, con l’improvvisa e spontanea entrata in campo di masse imponenti di donne e di uomini nelle città di Foggia e Bari e in numerosi altri comuni delle rispettive province, poi dilagarono in altre regioni, fino a culminare nei drammatici avvenimenti di Milano dell’8 e 9 maggio, repressi con una carneficina senza precedenti, ad opera di imponenti contingenti militari, il cui bilancio fu, complessivamente in Italia, di centotrentuno morti.
I tumulti nella città di Foggia durarono due giorni. I rivoltosi, in gran parte donne, assaltarono forni e panetterie, tentarono di invadere la Prefettura e mossero con impeto all’assalto del dazio, appiccando un incendio che distrusse ogni cosa.
La protesta si propagò subito in numerosi comuni della provincia e fu particolarmente forte a Cerignola, San Severo, Apricena, Torremaggiore, Castelluccio dei Sauri e Monte Sant’Angelo. Diverse centinaia di uomini e donne furono arrestati e tra questi esponenti del Partito Socialista. La ferocia della repressione attuata nel Paese e il tentativo dei governanti di andare oltre, con proposte in Parlamento di leggi liberticide, generarono un’opposizione popolare inattesa e provocarono a Montecitorio un ostruzionismo parlamentare che si concluse nell’aprile 1900, con lo scioglimento della Camera dei Deputati e l’indizione di nuove elezioni destinate a segnare una svolta storica nella vita politica italiana”.

Le lotte dei braccianti
È in questo contesto che si inserisce la vicenda della Camera del Lavoro di Foggia, fondata nel 1902, che assunse un ruolo fondamentale nel panorama meridionale, in un momento in cui, nonostante la cosiddetta “svolta liberale giolittiana”, soprattutto nel Mezzogiorno, accadevano ancora fatti cruenti nei confronti di lavoratori che venivano considerati eversivi, con manifestazioni di piazza stroncate nel sangue, come nel caso dell’eccidio di Candela del settembre 1902, dove otto braccianti in sciopero vennero uccisi dai Carabinieri inviati per ristabilire l’ordine, su richiesta dei proprietari terrieri.
Questi drammatici episodi hanno macchiato di sangue più volte nel corso del secolo scorso la nostra terra e hanno rappresentato un tributo pesante pagato dai lavoratori per l’affermazione dei diritti. Così è stato per Foggia, Cerignola, San Severo, Torremaggiore, San Ferdinando di Puglia, San Marco in Lamis, Stornara, per citare alcuni tra gli episodi più gravi.
Il 24 novembre del 1901, nasce la Federterra, che tiene in questa data il suo primo congresso a Bologna. La Federterra è la prima organizzazione sindacale al mondo formata da lavoratori della terra, salariati, piccoli affittuari, piccoli proprietari e mezzadri.
Al primo Congresso di Bologna parteciparono rappresentanti di 704 Leghe, che associavano 152.000 iscritti. Le Leghe erano quasi tutte del Nord – in particolare dell’Emilia che era la più rappresentata – con alcune rilevanti eccezioni, tra cui spiccava la Puglia (con Bari, Andria, Foggia e Cerignola).

In quel primo importantissimo congresso si riaffermò, tra l’altro, la necessità di affratellare nell’azione comune tutte le forze dei lavoratori organizzati e si riconobbero le Camere del Lavoro come centri naturali dell’organizzazione proletaria.
Un ruolo fondamentale, nella vicenda della Camera del Lavoro di Foggia, ancor più che nel resto del Paese, è stato svolto dai lavoratori della terra; i braccianti hanno dato un contributo straordinario nelle lotte per l’emancipazione e per l’affermazione dei diritti è stato in Capitanata.
E’ Michele Magno – segretario della Camera del Lavoro di Foggia nella prima metà degli anni cinquanta e, successivamente, sindaco di Manfredonia e parlamentare del P.C.I. -, attento studioso degli accadimenti ed egli stesso protagonista di una parte importante delle vicende storiche, politiche e sociali della nostra terra, che ci descrive in modo semplice ed efficace le ragioni di questi eventi: “La formazione della proprietà privata della terra e lo sviluppo del capitalismo agrario, hanno avuto in Capitanata un processo diverso rispetto a qualsiasi altra parte del Mezzogiorno. Quando altrove va realizzandosi la proprietà fondiaria privata e avviandosi nelle campagne un certo sviluppo capitalistico, nel tavoliere i terreni conservano per la maggior parte la loro natura di beni demaniali dello Stato e permangono le vaste e spopolate praterie, ancora ritenute da più parti necessarie alla transumanza. Con le leggi di liquidazione del grande demanio dello Stato si viene a formare un tessuto di grandi proprietà, che dà vita a sua volta a un numero rilevante di grosse aziende, ognuna delle quali deve ricorrere sempre più all’impiego numeroso di masse di braccianti. Al censimento del 1901 risultano in Capitanata 52.274 braccianti agricoli, ai quali, nei mesi estivi si aggiungono non meno di altri 50.000 immigrati”.
Per queste sue particolari condizioni, la Capitanata è scossa per lungo tempo, più delle altre province meridionali, da rivolte contadine contro amministratori comunali e altri galantuomini che usurpano terreni demaniali di uso civico e boicottano i diritti dei lavoratori; e quindi, sul finire del XIX secolo la nostra provincia si anima di un forte movimento bracciantile, che è espressione di un processo di aggregazione sociale e di organizzazione del mondo del lavoro che non ha riscontri simili nel resto del Mezzogiorno. La Capitanata è in testa a tutte le altre parti del Mezzogiorno per consistenza della forza organizzata delle leghe di resistenza e nel movimento socialista.

Il sindacato dei ferrovieri
Anche se saranno i braccianti a rappresentare il nucleo forte della Camera del Lavoro di Foggia, la prima forma di sindacalizzazione passa attraverso l’organizzazione dei ferrovieri. Il primo sciopero è del 1884-86. È uno sciopero politico, uno sciopero nazionale che parte dai ferrovieri di Foggia e riguarda tutta una linea ferroviaria, tutta una società, ed è uno sciopero di natura politica per limitazioni che erano state fatte nei confronti di alcuni ferrovieri. I ferrovieri in quel momento sono gli unici in grado di reggere l’organizzazione.

1902: dalle leghe nasce la Camera del Lavoro

È tra il 1899 e il 1902 che in molti comuni della Capitanata nascono le prime leghe di resistenza dei contadini, dei cavamonti e dei muratori. Sorsero spontaneamente, per le notizie degli scioperi che investono le città e le campagne del Nord e sull’esempio di quanto avviene a Foggia, a Cerignola, a San Severo e in altri centri del foggiano. Comincia, così, a prendere una forma più definita, la necessità di organizzarsi, di unirsi e di associarsi per rivendicare una contrattazione collettiva. Alla base delle prime rivendicazioni vi sono richieste per salari più alti, la riduzione dell’orario di lavoro, il riconoscimento del diritto al riposo festivo e alla sospensione del lavoro durante le piogge, la gestione del collocamento da parte delle leghe.
Intorno alle leghe dei contadini, dei pastai e degli spazzini, comincia un dibattito che viene portato avanti dai socialisti. Consapevoli che devono puntare ad una migliore organizzazione le masse. Il passo successivo alla fondazione delle leghe è la loro organizzazione, cioè l’organizzazione d’una rete territoriale.
In un documento del del 24 aprile 1902, allorché i socialisti spingono per la costituzione della Camera del Lavoro, è riportato il resoconto di una riunione: “I rappresentanti delle diverse associazioni operaie di Foggia, invitate nella Lega dei contadini per la costituzione della Camera del Lavoro, deliberano di riferire in seno alle proprie associazioni l’esito dell’adunanza e di invitare e nominare ciascuno un proprio rappresentante per la riunione di martedì.” Un ordine del giorno che nascondeva le difficoltà da, parte del gruppo dirigente socialista, di spiegare il senso della organizzazione territoriale. Le classi popolari avevano capito che la lega consentiva loro di stare insieme e di difendere e tutelare i propri diritti. Ma non bastava un sindacato di categoria, era necessario che le categorie si mettessero insieme. Anche se una delle caratteristiche della Camera del Lavoro di Foggia sarà una forte autonomia. Molte saranno le leghe non aderiranno alle Camere del Lavoro. Per molto tempo le Camere del Lavoro non aderiranno alla Cgl, se non con un passaggio ulteriore, successivo, che avverrà durante tutti gli anni Dieci.

La data ufficiale di nascita della Camera del Lavoro di Foggia è il 26 ottobre 1902. Ecco il testo comunicato stampa ufficiale che annuncia l’evento: “La Camera del Lavoro, la cui inaugurazione non poté aver luogo l’anno scorso perché non si ritenette opportuno proclamarla quando non da tutti ne era ben compreso il valore e il significato, fu inaugurata domenica scorsa dall’oratore di giornata, l’onorevole Chiesa. Egli, dopo un discorso d’occasione, che pronunziò dinanzi a circa duecento operai delle diverse leghe convenuti nella vasta sala delle adunanze alla sede delle leghe riunite, dichiaro proclamata la Camera del Lavoro e invitò tutte le leghe a nominare un loro rappresentante. Questi, costituendo la Commissione Provvisoria, dovranno a loro volta nominare i membri della Commissione Esecutiva che regolerà e disimpegnerà tutte quelle pratiche necessarie perché la Camera del Lavoro funzioni proficuamente ed energicamente”.

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