In questo momento ci sono quasi 900 mila giovani di origine straniera, nati in Italia o arrivati da bambini, che aspettano venga riconosciuto loro il diritto di essere “legittimamente italiane ed italiani”, per dare certezza ai loro progetti e alle loro aspettative in un paese che considerano casa propria.
Sono le compagne e i compagni di scuola, di gioco, di sport delle nostre nipoti e dei nostri nipoti, in tutto uguali a loro ma discriminati nel loro diritto di essere pienamente cittadini, sottoposti a restrizioni e lungaggini burocratiche per poter continuare a svolgere le stesse attività quotidiane di studio e relazioni sociali.
Non avere la cittadinanza significa per loro perdere opportunità importanti che contribuirebbero invece alla loro crescita e formazione.
Per questo le forze politiche e il Parlamento devono fare tutto il possibile per approvare entro questa legislatura la riforma della cittadinanza, il cui testo è approdato alla Camera lo scorso 29 giugno. Sarebbe inaccettabile dover rivivere la stessa delusione e frustrazione della fine della scorsa legislatura.
Benché consideriamo il testo del cosiddetto “Ius Scholae” ancora insufficiente, riteniamo che esso rappresenti un primo passo verso la necessaria riforma complessiva della anacronistica legge sulla cittadinanza datata 1992, non più adeguata ai bisogni del paese e dei suoi nuovi cittadini.
Un paese dove la conquista dell’allungamento della speranza di vita rischia di diventare un problema per la denatalità e il grave squilibrio demografico.
Calpestare i diritti di tanti giovani concittadini è una grave violazione dei diritti umani e un’assurda chiusura di fronte al pieno dispiegamento di energie vitali per la nostra società.
La procedura di acquisizione della cittadinanza prevista dalla proposta di legge non è affatto semplice e una serie di rigidi requisiti, primo tra tutti quello legato alla residenza continuativa ed ininterrotta in Italia, rendono di fatto la scadenza dei 18 anni solo teorica e sono moltissimi gli italiani con passato migratorio che anche molti anni dopo essere diventati maggiorenni non riescono a ottenerla.
Con questi presupposti ribadiamo che bisogna intervenire con urgenza.
Non comprendiamo le “motivazioni” di quanti indicano l’urgenza di altre priorità, come se il Parlamento non potesse legiferare al tempo stesso sulle misure contro la crisi e l’inflazione, a sostegno dei redditi, e sui diritti delle persone, a partire dal diritto di cittadinanza.
Auspichiamo che il testo di riforma della cittadinanza possa trovare il favore più largo delle forze parlamentari – così come è ampiamente condiviso dalla maggioranza degli italiani – e possa essere approvato da entrambi i rami del Parlamento prima della fine di questa legislatura.
Non ci sono scuse per non compiere questo primo e necessario passo di civiltà verso le giovani generazioni.
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